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Privacy

Grazie al Data Transfer Project potremo trasferire le foto da Facebook a Google (e non solo)

By 7 Dicembre 2019No Comments

Chi vorrà spostare le proprie immagini dal social di Zuckerberg al servizio Photos di Big G, presto potrà farlo con uno strumento che ne semplifica il trasferimento: è il primo risultato di un’iniziativa volta a favorire la concorrenza tra i giganti tech che custodiscono i nostri dati

Facebook sta sviluppando un nuovo strumento software che permetterà agli utenti del social network di trasferire tutte le proprie foto su Google Photos. Ad oggi per eseguire questa operazione è necessario scaricare tutte le immagini sul proprio computer e procedere a caricarle nuovamente sul sistema di Big G, un’operazione più lunga e complessa, sufficiente a scoraggiare la “portabilità” delle proprie immagini per la stragrande maggioranza degli utenti. Il nuovo tool è disponibile per ora solo per gli utenti residenti in Irlanda, ma nel corso della prima metà del 2020 sarà allargato su scala globale. 

“Gli utenti potranno accedere al nuovo strumento dalle impostazioni nella sezione ‘Le tue informazioni su Facebook’, la stessa da cui si possono scaricare tutte le proprie informazioni”, spiega Steve Satterfield, Direttore Privacy and Public Policy del social network nel post che annuncia la novità. “Abbiamo mantenuto sicurezza e privacy come priorità principali: tutti i dati trasferiti saranno criptati e le persone dovranno inserire la propria password per avviare il trasferimento. 

Il nuovo servizio di trasferimento foto da Facebook a Google è uno dei primi risultati rilevanti ascrivibili al Data Transfer Project, un’iniziativa avviata nel 2018 per creare un servizio open source che faciliti la portabilità dei dati da un servizio a un altro concorrente. Un’idea encomiabile che prova a risolvere il problema del cosiddetto “lock-in” dei dati, cioè la restrizione dei dati di proprietà dell’utente al servizio che li ospita. Nato su spinta di Google, il Data Transfer Project non ha raccolto solo l’adesione di Facebook, ma anche di Apple, Twitter, Microsoft e altri partner importanti del settore tecnologico. 

Ma perché i giganti della Silicon Valley, che non avrebbero alcun interesse a rendere più semplice il trasferimento dei preziosi dati dei loro utenti da un servizio all’altro, prestano il proprio nome a un consorzio che punta esattamente all’esito opposto? Semplice: per riuscire a imporre i propri termini e mantenere il controllo sulla portabilità dei dati, anziché attendere le imposizioni degli organi di tutela della concorrenza. 

Il Data Transfer Project (che comunque le aziende partecipanti per ora non sembrano interessate a pubblicizzare più del necessario) è una strategia di autoregolamentazione che pone tutti i concorrenti sullo stesso piano, non crea uno svantaggio per nessun soggetto di rilievo sul mercato e allo stesso tempo può placare le spinte regolatorie del legislatore. Fino a convincere la politica – soprattutto negli Stati Uniti – che non vi è più alcuna necessità di scorporare i giganti del tech, come proposto dalla Senatrice Elizabeth Warren, candidata alle primarie del Partito Democratico americano per le elezioni presidenziali del 2020.

Anche se il progetto ha di fatto lo scopo di alleggerire le pressioni della politica sui giganti del tech sul tema del controllo dei dati, ha comunque un potenziale più ampio e positivo. Poiché i servizi di trasferimento e gli strumenti elaborati dal consorzio saranno open source, anche altre aziende minori e nuovi servizi potranno accedervi e fornire soluzioni per la “riappopriazione” dei dati da parte dell’individuo, facilitandone così l’estrazione e il controllo da parte degli unici veri detentori di questa preziosa risorsa digitale, cioè gli utenti.

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