In ogni buon corso HACCP l’elemento principale su cui si pone l’attenzione è il controllo delle temperature. Conservare gli alimenti alle temperature appropriate significa ridurre al minimo il rischio microbiologico derivante dalla moltiplicazione batterica. Qual è infatti il “mantra” della ristorazione?…”evitare assolutamente di interrompere la catena del freddo e del caldo”.
Il primo caso in cui questo principio viene disatteso è quello delle pizzerie a taglio. Mantenere la pizza sotto le lampade termiche va ad inficiare la qualità del prodotto. I gestori dei locali infatti spesso si rifiutano di sottoporre l’alimento a questo trattamento perché si secca e perde di appetibilità. Questa eccezione è concessa, sebbene la pizza sia un alimento molto nutriente, in quanto si suppone che la cottura in forno ad almeno 220°C abbatta completamente la sua carica microbica e il tempo di esposizione a temperatura ambiente non superi le due ore, impedendo quindi ad un’eventuale contaminazione post-cottura di raggiungere livelli pericolosi per la salute dei consumatori.
Un’altra situazione particolare è quella che si ritrova nei bar. In questi locali si effettuano due attività che, almeno apparentemente, violano il principio della conservazione a temperatura controllata: l’aperitivo a buffet e la somministrazione di prodotti lievitati farciti con creme.
Nel primo caso, sebbene questi buffet siano spesso costituiti da alimenti molto complessi, che vanno da primi piatti alle tartine assortite a base di maionese, l’allestimento avviene sui banconi stessi dei bar, il più delle volte a temperatura ambiente. Il rischio microbiologico in questo caso non può essere ridotto al minimo da nessuna operazione preventiva se non l’applicazione delle corrette pratiche di igiene durante la preparazione stessa dei cibi. Inoltre va rispettato il principio di cui sopra del tempo di esposizione a temperatura ambiente, che non deve superare mai le due ore.
Per quanto riguarda i prodotti lievitati farciti con panna e crema a base di uova e latte, secondo l’articolo 31 del DPR 327/80, dovrebbero essere conservati a temperature non superiori a +4°C. Ma allora perché nei nostri bar questi alimenti sono spesso esposti in vetrine non refrigerate? Perché la maggior parte di essi è preparato con creme a base di latte e uova pastorizzate ed è previsto che possano rimanere a temperatura ambiente per poche ore.
L’ultimo caso che citiamo è quello dei supermercati, in cui spesso si trovano a temperatura ambiente salumi crudi stagionati (salami in particolare) e formaggi sottovuoto. Purtroppo questa tecnica di conservazione, prolunga la “shelf-life” dei salami, ma aumenta il rischio di botulismo. Il Clostridium botulini è infatti un microrganismo anaerobio che si sviluppa in assenza di ossigeno e il sottovuoto crea proprio questa condizione. Per questo motivo tale tecnica di conservazione andrebbe sempre accompagnata dalla refrigerazione, sebbene le buone pratiche di lavorazione nella produzione dei salami che arrivano poi alla grande distribuzione possano far stare i consumatori relativamente tranquilli sulla sicurezza di tali prodotti.