Alcune specie marine, di cui facciamo largo uso perché pregiate, sono purtroppo sottoposte a volumi di cattura notevoli per soddisfare il bisogno del mercato. Queste specie che si ritrovano, per via dell’operato umano, a rischio di estinzione o con stock ridotti sotto i limiti “fisiologici” di benessere ecologico, vengono protette da legislazioni con norme restrittive e di tracciabilità rigorosa. E’ questo il caso del tonno rosso (Thunnus thynnus) che dal 1 luglio 2016 ha visto modificate le regole relative alla sua pesca e commercializzazione non solo per la grande distribuzione o le pescherie ma anche per la ristorazione.
IL TONNO ROSSO
Il tono rosso, chiamato anche pinna blu, è, tra le varie specie di tonno, la più pregiata. Il suo consumo eccessivo lo ha portato ad essere una specie a rischio estinzione e si stanno cercando soluzioni per l’allevamento in cattività, al quale purtroppo il tonno mal si adatta.
La sua carne è molto ricercata, in special modo dai giapponesi per preparare il sashimi ed il sushi. Data la scarsità della materia prima ed il suo prezzo, solo poche aziende artigianali usano le carni del tonno rosso per la conserva sott’olio tradizionale. A volte viene sostituito con specie congeneri, come il più economico e meno pregiato tonno pinna gialla. La parte più pregiata è la cosiddetta ventresca, prodotta con la regione attorno alla cavità addominale del pesce.
Tanto per farsi un’idea di quanto sia ricercata la carne di tonno (soprattutto nel mercato giapponese) basti sapere che nel 2013 un esemplare di 222 kg al mercato del pesce di Tokyo è stato venduto all’asta al prezzo record di 1.3 milioni di euro (circa 5300 euro al kg).
Relativamente al tonno rosso (Thunnus thynnus – Atlantic bluefin tuna), specie maggiormente diffusa nel Mediterraneo, la produzione mondiale ha sfiorato le 40mila t e di queste oltre la metà è rappresentata da catture effettuate nell’Atlantico, più che raddoppiate negli ultimi trentacinque anni e soprattutto a partire dagli anni ’90 (Fao, 2014).
Negli ultimi decenni, i quantitativi pescati nel Mediterraneo hanno acquisito un’importanza crescente. Su tale incremento sostenuto ha inciso in maniera determinante il grande sviluppo degli allevamenti, soprattutto a seguito del forte aumento della domanda giapponese. A tale proposito è stato stimato che, nel periodo 1997-2002, le importazioni del Giappone dal Mediterraneo sono passate da zero al 70% di quelle totali (Miyake et al., 2004; Scarpato e Simeone, 2005; Spagnolo, 2006). Tale percentuale è ulteriormente cresciuta negli anni successivi tanto che, già nel 2005, la quasi totalità del tonno rosso commercializzato da tale Paese proveniva da impianti da ingrasso del Mare nostrum.
Tuttavia, con l’introduzione di un Totale Ammissibile di Catture (Tac) da parte della Iccat – Commissione internazionale per la conservazione dei tunnidi nell’Atlantico, la produzione mondiale è iniziata a diminuire, passando da circa 40mila t dichiarate nel 1998 alle 32mila t fissate nel 1999 come totale ammissibile. Nel 2014, ultimo dato disponibile, la produzione mondiale non sarebbe arrivata a sfiorare le 15mila t, di cui il 62,7% dal Mediterraneo e il 37,3% dall’Atlantico. (Fig. 1). Rispetto ai singoli Paesi, tra i maggiori produttori mondiali di tonno rosso figurano Spagna (2.446 t), Francia (2.419 t) e Italia (1.946 t), i quali, dal 1950 al 2014, hanno toccato, in momenti storici diversi, cifre massime intorno alle 12mila t per quanto riguarda Francia e Spagna e 10mila t per quanto concerne l’Italia (Figura 2).
IL TONNO ROSSO E LA REGOLAMENTAZIONE DELLA CATTURA
Al fine di regolamentare la cattura del tonno rosso la Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno (ICCAT) ha emesso delle raccomandazioni di gestione molto precise che sono state recepite a livello europeo con il Reg. CE 309/2009 abrogato dal più recente Reg. UE 1627/2016 e in italia con il D.D. 10/04/2017.
Importante elemento del sistema di conservazione e di recupero dello stock di tonno rosso è anche la tracciabilità assicurata agli esemplari commercializzati a tutti i livelli. Questo aspetto è invece gestito dal Reg. UE 640/2010 che istituisce un programma di documentazione delle catture di tonno rosso e di cui ci occuperemo più nel dettaglio nel seguito del presente articolo. Questo ultimo istituisce un documento essenziale: il documento di cattura (BCD) che esamineremo nel dettaglio nel paragrafo successivo.
Il D.D. 10/04/2010 stabilisce:
- contingenti di cattura ripartiti tra i soggetti autorizzati alla pesca del tonno rosso secondo le quote assegnate all’Italia dall’Unione Europea. Quote ripartite anche secondo i diversi metodi di pesca (circuizione, palangaro, tonnara fissa) e secondo i porti autorizzati alle operazioni di sbarco e/o trasbordo;
- periodi di pesca in cui è possibile la cattura della specie diversificati per sistema di pesca e per la pesca sportiva/ricreativa;
- divieto di utilizzo di mezzi aerei per la ricerca e localizzazione dei banchi;
- taglia minima di cattura con relativa tolleranza per catture accidentali;
- possibilità e limiti di catture accessorie da parte delle imbarcazioni non autorizzate alla pesca del tonno rosso;
- regole sulla compilazione cartacea ed elettronica del log-book da parte dei comandanti delle imbarcazioni (secondo il Reg. CE 1224/2009 sulle misure per il controllo comunitario della pesca);
- comunicazione giornaliera di cattura;
- obblighi di controllo satellitare per determinate unità di pesca;
- disposizioni in merito al documento elettronico di cattura del tonno rosso (Circ. n.12217 del 14/07/2016) e al documento doganale comunitario (T2M) che giustifica l’origine del prodotto comunitario fresco e lavorato quando viene introdotto nel territorio europeo;
- autorizzazioni alla pesca sportiva (disposte secondo la Circ. n.12780 del 15/06/2010)
IL DOCUMENTO DI CATTURA
Il Reg. UE 640/2017 stablisce “gli Stati membri chiedono la presentazione di un documento di cattura del tonno rosso («il documento di cattura») compilato per ciascun quantitativo di tonno rosso sbarcato o trasbordato nei propri porti, ingabbiato come specificato all’allegato IV e prelevato dai loro impianti di allevamento”.
Ciascuna partita di tonno rosso facente oggetto di commercio interno, importata nel territorio dell’Unione o esportata o riesportata da quest’ultimo, è accompagnata da un documento di cattura convalidato
Questo documento:
- deve essere in una delle lingue ufficiali dell’ICCAT (inglese, francese e spagnolo) oppure essere tradotto in inglese;
- deve presentare una serie di sezioni utili alla tracciabilità e a raccogliere le informazioni utili sulle partite di tonno commercializzate;
- contiene informazioni relative a trasferimenti e trasbordi;
- contiene informazioni relative al commercio interno;
Queste informazioni prevedono la convalida delle autorità.
Inoltre secondo il regolamento gli stati membri devono presentare presentare relazioni periodiche (programma ICCAT) contenenti:
- informazioni estratte dai documenti di cattura (numero dei documenti convalidati, quantitativo totale di tonno per commercio interno, importato, esportato o destinato ad altri fini come impianti di allevamento, riesportazione ecc, quantitativo delle partite oggetto di divieto…)
- informazioni sul numero di partite ripartizione per le diverse destinazioni.
COSA CAMBIA PER LA FILIERA?
Fino al 30 Giugno 2016 il venditore si occupava di compilare il documento di cattura del tonno rosso e lo inoltrava alle Capitanerie di Porto competenti che lo convalidavano apponendo un timbro.
Dal 1 luglio 2016 invece sono tutti gli attori della filiera a dover autonomamente attestare le loro transizioni utilizzando un servizio centralizzato sul web: il portale ICCAT (BCD elettronico). Gli operatori devono registrarsi sul portale e compilare per ogni vendita elettronicamente il documento: dati del venditore e dell’acquirente, i kg di tonno rosso. Questo documento deve essere generato ogni volta che ci sia una compravendita (escluso il caso in cui ovviamente il compratore sia il consumatore finale inteso come la persona esclusivamente fisica che agisca nell’acquisto al di fuori dei termini di contratti professionali).
In pratica:
- per il cliente della pescheria non cambia assolutamente nulla, acquista semplicemente il quantitativo di pesce desiderato, è la pescheria ad assicurare che la documentazione sia conforme a quanto richiesto dalla normativa;
- per il ristoratore o l’esercente della pescheria deve esserci gestione del BCD: prima con il cartaceo (esemplari pescati prima del 30 giugno 2016) l’OSA o chi per lui doveva assicurarsi che fosse presente documento di cattura convalidato dalla capitaneria di porto. Nella nuova versione elettronica (esemplari pescati dopo il 1 luglio 2016) per effettuare l’acquisto si deve essere registrati sul portale dell’ICCAT, questo permette di visionare la conformità dei documenti che vengono registrati dal venditore anch’esso registrato sul portale.
In realtà si può affermare che il cambiamento per i ristoratori e gli esercenti di vendita al dettaglio non sia particolarmente oneroso: hanno sempre e comunque l’obbligo di verificare il documento di cattura ma devono semplicemente farlo in modo differente (elettronico con registrazione sul portale invece che cartaceo). Va detto che in ogni caso diversi fornitori, per semplificare gli obblighi per il loro clienti provvedono ad effettuare la registrazione anche per conto del compratore e una volta generato il documento, lo stampano e lo consegnano comunque in formato cartaceo.
Segnalo per completare le informazioni utili alla gestione di quest’obbligo una utile guida per la registrazione al portale dell’ICCAT realizzata dalla Direziomare Cagliari – Centro Controllo Attività Pesca.