In sintonia con la tendenza generale riscontrata nei paesi occidentali, anche in Italia la popolazione anziana è in continuo aumento: gli ultrasessantacinquenni rappresentano più del 20% della popolazione italiana ed il costante aumento dell’età media richiede un sostanziale adattamento delle circostanze in campo legislativo, assistenziale, previdenziale, organizzativo, sociale e non per ultimo, in quello alimentare.
Difatti, se l’alimentazione è ormai unanimemente considerata tra i determinanti più importanti della salute umana, tanto è vero, se non di più, per la popolazione anziana. La crescente attenzione (giustamente riposta) nei confronti della ristorazione collettiva nelle case-alloggio per anziani, realtà in crescendo che si distribuisce sul territorio soprattutto in strutture medio piccole, rende ancor di più la materia dell’alimentazione dell’anziano di assoluta attualità. Il paziente della “terza età” è difatti maggiormente a rischio di ipo- e malnutrizione rispetto ai più giovani, ed uno stato di sottopeso diminuisce sensibilmente l’aspettativa di vita. Le evidenze scientifiche concertano sul fatto che la dieta dell’anziano non debba differire sostanzialmente da quella del resto della popolazione adulta, sia in assenza di malattia, sia in presenza di particolari patologie (diabete, ipertensione, iperuricemia, ecc.) per le quali comunque le indicazioni alimentari restano tutto sommato invariate rispetto alle altre età.
Parallelamente a questo, si rende necessario considerare aspetti peculiari dell’età avanzata, che per quanto apparentemente secondari, diventano spesso concause importanti di comportamenti alimentari scorretti ed infine responsabili dell’aumento di mortalità e morbosità. Tra questi si ricorda l’edentulia, che impone uno spostamento di scelte verso alimenti semiliquidi e comunque facilmente deglutibili, il ridotto senso di sete, l’inappetenza, quest’ultima soprattutto nei riguardi di alimenti proteici (carne in primis); importantissimo considerare la comorbilità e le conseguenti numerose terapie farmacologiche a cui spesso è sottoposto l’anziano: la dieta deve sempre considerare gli stati patologici presenti e pregressi e i farmaci assunti, in quanto taluni alimenti (alcol, succo di pompelmo, ecc.) possono alterare la cinetica dei principi attivi farmacologici potendo provocare effetti avversi anche molto gravi. Nell’anziano il fabbisogno energetico è ridotto a causa della minore massa muscolare, del ridotto metabolismo basale, della diminuita attività fisica. Autori stimano il bisogno energetico attorno alle 25-35 kcal/kg di peso al giorno. La riduzione del fabbisogno calorico non si accompagna però ad una riduzione dei fabbisogni di vitamine ed oligoelementi (salvo niacina, riboflavina e tiamina, legate all’assunzione di calorie); alcuni Autori ipotizzano infatti come bassi livelli di vitamine siano associate ad un declino delle funzioni cognitive. Particolarmente frequente in età avanzata è la carenza di folato, che causa anemia
Un’alimentazione con un diminuito tenore proteico è tra le cause del calo ponderale (in parte comunque fisiologico) tipico dell’età avanzata, che grava maggiormente sulla massa magra, diminuendo le capacità muscolari (rischio di cadute) ed aumentando la suscettibilità ad infezioni e malattie. Secondi i LARN la quantità di proteine raccomandate è di circa 0,95 g per kilogrammo di peso in assenza di condizioni che ne richiedano una riduzione di introito (problemi renali, epatici, metabolici, ecc.). La quantità di calcio raccomandata (in assenza di particolari patologie) è di 1 g al giorno, quantità fortemente superiore alle medie di assunzione della popolazione generale ed alla luce del diminuito assorbimento di calcio nell’anziano per riduzione di sintesi della vitamina D. Una dieta a basso tenore di calcio aggrava la rarefazione in parte fisiologica delle ossa, predisponendo a fratture e all’immobilità, ed inoltre sembrerebbe associata ad un aumento del rischio cardio-vascolare. Molto importanti le fibre alimentari, soprattutto considerando il rallentamento della motilità intestinale dell’anziano che si associa spesso ad un alvo a tendenza stitica, e l’alta incidenza delle neoplasie del colon, per le quali le fibre sembrano avere valore protettivo. La quantità suggerita è di 30g di fibre alimentari al giorno, salvo controindicazioni, da assumere mediante una dieta ricca in frutta, verdure e cereali; da limitare alla necessità gli integratori di fibra concentrata, che possono comportare eccessive chelazioni di nutrienti e causare carenze nutrizionali.
Infine è fondamentale una adeguata assunzione di liquidi: l’anziano presenta tendenza a non bere per un diminuito senso di sete; tale ridotta sensibilità porta in alcuni casi a pericolosi stati di disidratazione, che se protratti possono comportare serissime conseguenze. In ultima analisi, i capisaldi di una sana alimentazione quali una dieta varia, equilibrata in macro e micronutrienti, ripartita in modo equilibrato e razionale durante la giornata, ricca in fibra e povera di grassi saturi costituiscono la ricetta giusta anche per la popolazione anziana, a favore dell’allungamento dell’aspettativa di vita e soprattutto di una migliore qualità della vita. Contestualmente vanno considerati gli aspetti peculiari della terza età e ricordato che ogni dieta deve essere specifica e “cucita” su misura valutando accuratamente tutte le condizioni mediche e non che possano influire sulla scelta della qualità e la quantità degli alimenti.