Nuovi passi avanti per l’accumulo solare on demand
(Rinnovabili.it) – Quando si parla di accumulo solare, il primo pensiero va al crescente uso delle batterie in accoppiata con gli impianti fotovoltaici, su piccola e grande scala. Eppure non è solo l’elettricità che necessità di essere stoccata. Uno degli elementi altrettanto utili nell’attuale transizione energetica, consiste anche nella capacità di catturare e conservare l’energia solare termica. L’obiettivo, però, non è così facile da raggiungere, soprattutto se si ha bisogno di un sistema che conservi il calore per lunghi periodi. Questa sfida ha fatto nascere negli ultimi anni un nuovo filone di ricerca, completamente votato alla realizzazione di dispositivi di accumulo solare on demand. Il punto critico di questi sistemi rimane l’efficienza, ma oggi un nuovo lavoro – proveniente dall’Università di Houston – potrebbe dare una svolta decisiva al settore delle batterie termiche.
Qui un gruppo di ricerca ha realizzato un piccolo impianto di storage che combina l’accumulo di calore latente con lo “stoccaggio molecolare”, in grado di funzionare, potenzialmente, 24 ore sui 24, sette giorni a settimana. E soprattutto di farlo con un’efficienza di raccolta del 73 per cento nelle operazioni su piccola scala e fino al 90 per cento in quelle su larga scala. Come spiega Hadi Ghasemi, professore associato di ingegneria meccanica presso l’ateneo americano, le alte prestazioni sono dovute, in parte, alla capacità del dispositivo di catturare l’intero spettro della luce solare, raccogliendolo per un uso immediato e stoccando l’eccesso in particolari molecole stabili.
Per la precisione quest’ultimo aspetto è stato realizzato utilizzando la coppia norbornadiene-quadriciclano: queste molecole sono isomeri e presentano un comportamento molto interessante per gli studi dell’accumulo solare. Nel dettaglio, il quadriciclano viene prodotto irradiando il norbornadiene, in un processo che richiede energia. Questa stessa energia immagazzinata nei legami della molecola, viene rilasciata quando si verifica la relazione inversa, ossia quando il quadrociclano si ritrasforma in norbornadiene, in presenza di opportuni catalizzatori.
“Gli attuali approcci solari termici – spiegano gli scienziati nell’articolo su Joule (testo in inglese) – si basano su costosi sistemi ad alta concentrazione ottica, che portano a elevate perdite di calore dovute a materiali e superfici a caldo. Allo stesso tempo, l’energia immagazzinata sotto forma di energia termica ha perdite temporali intrinsecamente elevate”. In questo caso invece l’accumulo solare termico, firmato dalla Houston University, immagazzina l’energia anche in forma molecolare piuttosto che come semplice calore, e il sistema integrato riduce le perdite termiche perché non è necessario trasportare l’energia immagazzinata.
“Durante il giorno, l’energia solare termica può essere raccolta a temperature fino a 120 gradi centigradi”, ha spiegato T. Randall Lee, professore di chimica e co-autore della ricerca. “Di notte, quando non c’è il sole, l’energia immagazzinata viene raccolta dal materiale di accumulo molecolare, che può convertirla da una molecola ad energia inferiore ad una molecola ad energia superiore”. Ciò consente al sistema di produrre energia termica a una temperatura più elevata di notte rispetto al giorno.